La cronaca della visita di papa Francesco a Venezia

Solo cinque ore di visita o poco più, ma tutte intense e coinvolgenti, capaci di lasciare il segno e toccare il cuore. Il passaggio a Venezia di Papa Francesco – domenica 28 aprile 2024 – è stato caratterizzato da una bella semplicità, a tratti molto informale, e dal piacere reciproco dell’incontro, con momenti anche molto diversi tra loro e che hanno consegnato il voto multiforme di una città e di una Chiesa. L’abbraccio affettuoso e festoso che Piazza San Marco, gremita da diecimila fedeli, ha riservato al Santo Padre è stato quasi il sigillo di una “giornata indimenticabile”, come l’ha definita il Patriarca Francesco Moraglia nelle sue parole di ringraziamento alla fine della messa.

L’omelia del papa in piazza San Marco

L’omelia di Papa Francesco, ispirata dal Vangelo della vite e dei tralci e riferita di continuo alla realtà specifica di Venezia, contiene una sorta di mandato e di vocazione affidata a questa città e a questa Chiesa: essere “terra che fa fratelli”, in cui nessuno si sente escluso o estraneo. “Di Venezia – ha detto il Papa – ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine. E noi cristiani, che siamo tralci uniti alla vite, come rispondiamo? Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano… Abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune”.

La visita alle detenute della Giudecca

La visita veneziana di Papa Francesco era cominciata, puntualissima e di buon mattino, nel carcere femminile della Giudecca. Molto significativo l’incontro con le ospiti della struttura, con tanto di saluto per ognuna di loro, e forti le parole del Papa: “È fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, di crescita spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento. Per favore, non isolare la dignità, non isolare la dignità ma dare nuove possibilità! Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”. Di seguito, sempre in carcere, la visita al padiglione della Santa Sede per la Biennale d’arte – dal titolo “Con i miei occhi” – e il discorso rivolto agli artisti, sollecitati ad immaginare “città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo” poiché l’arte può ispirare uno “sguardo non possessivo ma nemmeno indifferente, superficiale; uno sguardo contemplativo. Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre”.

L’incontro con i giovani alla Salute

Più chiassoso, a tratti quasi improvvisato con botta e risposta, e più lungo del previsto è stato l’incontro nel Campo della Salute con 1.500 giovani di Venezia e del Triveneto che, subito dopo, hanno “scortato” il Papa – salito su un’agile papamobile elettrica – sul ponte di barche utilizzato per traghettare verso Piazza San Marco. Francesco affida ai ragazzi due verbi che possono raffigurare la chiave della vita e di ogni cristiano: alzarsi e andare. “Alzarsi da terra, perché siamo fatti per il Cielo. Alzarsi dalle tristezze per levare lo sguardo in alto. Alzarsi per stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano… Per alzarci – non dimentichiamolo – anzitutto bisogna lasciarci rialzare: farci prendere per mano dal Signore, che non delude mai chi confida in Lui, che sempre risolleva e perdona. E dopo l’alzarsi, andare. Andare è farsi dono, donarsi agli altri, capacità di innamorarsi”. Rivela loro il segreto per fare grandi conquiste nella vita – la costanza – e poi si aggancia alla realtà veneziana per parlare al cuore dei giovani che ha davanti: “Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia, che è splendida e delicata al tempo stesso. È bella e delicata, ha qualche fragilità che dev’essere curata. Dio non si lega al dito i nostri errori… Non dimenticare questo: se tu ti senti con il peso della coscienza, guarda il Signore e lasciati prendere per mano da Lui”.

Torna così l’immagine di Venezia come la metafora della realtà di ogni persona creata da Dio e dell’intera storia della nostra umanità: bella e fragile e, proprio per questo, sempre tanto amata e bisognosa di cure e attenzioni.

Foto credits: Vatican News

Pubblicato in Conferenza Episcopale Triveneto, News e Comunicazioni.